DALLE ANTICHE RIFORMANZE MUNICIPALI
Già molto prima dell’epoca,che starerem per citare del 25 Aprile 1387, avevano inferocito, come in tutta Italia, così in Terni le ostinate fazioni de’ Guelfi e Ghibellini’questa Città (cui il Sansovino; e prima di lui Lucio Fioro appella antichissima nobilissima ripiena di popolo, e d’uomini bellicosi, sicché fra i soldati d’Italia tengano il primo posto) era in quest’epoca nel generale coscenziosamente di parte Ghibellina, avversando alla dominazione straniera, comecché fosse stata in antecedenza, e con vario avvicendamento ivi predominante la parte Guelfa; come viceversa per questa si teneva la Città di Narni.
Da ciò fiere discordie ed emulazioni armate fra entrambi questi luoghi,le quali sembra cessassero dopo una decisa disfatta toccata a Narni nel dì 6 Dicembre 1371, sacro alla festa di San Nicolò Vescovo”.
Dopo ciò, restituita in parte la pubblica tranquillità, e ritornata la Città nel suo antico ordine e costumanze, continuò come prima a reggersi a Comune, banditi i Guelfi che appellava Tiranni.
DALLA STORIA DI TERNI DI FRANCESCO ANGELONI
… Aderendo i primi alla Chiesa,e gli altri agl’imperiali, tano aumen¬tarono simili fazioni,che destata in Pistoia (la guerra, nda),ne fu ad un”tratto ripiena l’Italia; e Terni abbondonne di sorta, che ne sostenne gravissimi mali,essendo sempre i semi dell’armi gli esterminii dei luoghi e gli scrittori concordano,che per coi fatte civili discordie,restò quasi desolato; perchè gli uni contro gli altri combattevano del continuo su le torri, che ben 30O ve ne furono erette(a Terni,nda) per tal fine, danneggiandosi co’ pulsoni, sassi, dardi ed altre armi da lanciare: e per le strade si attraversavano, fra l’una torre e l’atra grosse e lunghe catene, per impediere le scorrerie. e per combattere a serraglio…
Di simil torri,e della suddetta altezza,e forse più, con le già mentovate catene, sono tuttavia alcune intere in Terni (ai tempi dell’Angeloni , nda); e le altre chiaramente si comprendono per le case in parte demolite: avendone taluna più numero forse perché da più lati, o con sforzo maggiore di persone,volessero ad offendere l’inimico,e con più istrumenti danneggiarlo; né a questi aspri casi, ed incendii voracissimi di fuoco, non era chi potesse, o sapesse riparare….
intanto con le origini delle due fazioni derivate dalla Germania “dopo la morte di Enrico V,per le contese insorte sull’elezione del Successore,fra Bavari Sassoni Svevi e Franchi, le quali divennero poco appresso indigene anco d’Italia al cominciar del XII secolo”. La riunione del Consiglio Comunale di Terni del 24 aprile 1387“riguardava i beni confiscati ai capi di parte Guelfa, li quali dopo disfatti dai Ghibellini venner cacciati in bando dalla Città, e le loro proprietà vennero incamerate dal Municipio per inflitta condanna di confisca. Doveasi disporre di questi. In tale stato di cose i fratelli Francesco e Angelo Seccadenari, i quali avean molto sofferto nella persona e nelle sostanze a difesa della Patria nelle sanguinose lotte contro i Guelfi, ai quali ardentemente avversavano, supplicarono in quella tornata il patrio Senato, perché’ -amore Dei pietatis et misericordie intuitu et partis gebelline- fossero in qualche modo reintegrati de’ sofferti danni, sovvenuti nell’affligente stato di loro miseria,a che si eran ridotti per aver religiosamente servito alla Patria, e per esser stati sempre fe¬deli Ghibellini… Venne accolta la dimanda, e fu loro concesso un reddito di 300 fiorini su i prodotti de’ beni confiscati ai profughi, o, quante volte si fosser dovuti restituire, venisse a loro profitto surrogato il reddito dei Molini del Comune a porta S.Angelo ed a quella dei Tre Monumenti,dopo però cessati gl’impegni contratti cogli Affittuari”.
“Non andò guari di fatti, che i manzionati capitali si dovessero rendere agli antichi proprietari. Imperocché il Cardinal Tonimaso Orsini Legato della Sede Apostolica in partibus Italie, con sua lettera prescriveva al nostro Magistrato l’immediata restituzione di essi, sempre che i reintegrandi avesser prestato solenne giuramento di mantenersi buoni e tranquilli Cittadini. All’autorevole invito, il Consiglio(comunale,ndr), ob reverentiam Remi D. Cardinalis, decretò la voluta reintegrazione de’ medesimi purché avesser pagate tutte le dative ed altri balzelli imposti su quelle proprietà dal mese di Settembre decorso, fino al dì della seguita restituzione, e l’ammontar dell’esatto fosse versato in mano dei fratelli Seccandenari, fino al contingente dei 300 fiorini decretati nel rammentato precedente Comizio”.
DAL SECONDO LIBRO DELLA STORIA DI TERNI DI ELIA ROSSI PASSAVANTI
II 1° gennaio 1349, i Ghibellini di Terni cacciarono dalla città i Guelfi, che ne rimasero fuori fino al 14 giugno dello stesso anno, per rientrarvi allora quasi tutti, dato che alcuni non vi furono riammessi che il 23 settembre : II 15 agosto del 1350 i Ghibellini ternani aiutati da armati del prefetto di Vico venuti da Narni, riespulsero i guelfi, ne saccheggiarono le abitazioni e ne distrussero le case e le torri. L’anno’dopo 1351, i ghibellini di Terni, di Todi e di Narni tentarono occupare il castello di “Sangemini” per consegnarlo al comune di Narni che da tanti anni aspirava al dominio di esso. Per un tentativo di pace fra gli avversi partiti il Comune di Terni inviava ai confini di “Sangemini” Iuccio Manassei, ma inutilmente. Era speranza dei ghibellini -conclude il Passavanti riportato alla letra di riuscire a scacciare per sempre la Chiesa dai territori umbri; essi non pensavano cosa stesse loro preparando il Cardinale Albornoz.
DALLE ANTICHE RIFORMANTE MUNICIPALI
15 settembre 1392: Né ancora del tutto erano spenti o dimenticati i mal umori, conseguenze delle passate fazioni. Per turpe esercizio di private vendette bastava deninciare qualcuno fautore di parte Guelfa, vero o falso che fosse, per trargli addosso l’odio pubblico: malvagità le più vile ed abbominevole, della quale però porgono tristi esempi anco le più recenti istorie! … Tali addebiti, né forse a torto da quel che sembra, eran dati allora agli uomini delle vicine terre di Collescipoli, di Stroncone e di Perticara. Fu per altro savio divisamento del nostro Comizio in questa tornata di voler posto un termine a tali invecchiate calunnie e perniciosi motivi di rancori:ed in seguito di eloquente arringa di Pietro Camporeali fu risoluto di doversi di doversi accordare un general perdono durevole e reciproco sul passato; di ritenersi casse ed annullate tutte le sentenze, incarti criminali iniziati in addietro realtivamente a ciò; le nuove colpe soltanto severamente si punissero, nuove discordie si ovviassero, poste in profondo oblio le antiche. Son pur commendevoli tali misure di transizione e molto ne avvantaggerebbe la quiete pubblica quando sempre venissero adottate in parità di’ circostanze! (sottolinea Lodovico Silvestri).
27 giugno 1387: Prima che il nostro Reggimento Municipale si fosse potuto riordinare nell’antica forma, si dovè fare appello a tutti coloro stati del partito Guelfo, e che avesser votato dichiararsi di parte Ghibellina, perché prestassero solenne giuramento in atti del pubblico Cancelliere ipsam partem gebellinam manutenere et defendere et promiserunt esse perfectissimi gebellini tempore eorum vite. Qui difatti son notati i Nomi de’ Giurati: e poiché la Città si suddivideva in sei rioni, così dessi sono notati distintamente per rione. Pertanto prestarono giuramento in quest’istesso atto:
I. Dal Rione de’ Fabri 27 Capi di famiglia di parte Guelfa;
II. Da quello di Castello 24;
III. Dal Rione Rigoni 13;
IV. Dall’altro degli Adultrini 12;
V. Da quel disotto 2;
VI. Dall’ultimo degli Amingoni 13.
Ancora Lodovico Silvestri: Ho creduto superfluo di registrare i singoli nomi di cotesti Capi di famiglia, perocché ne sia estinta la discendenza, meno che di Angelo Rustici,uno dei 13 del Rione Amingoni, cui non debbo preterire perché nepote di quel Pietro Rustici, il quale nel 1259 nella onorevole qualifica di Sindaco del nostro Municipio acquistò da Anselmo quondam Transarico Arroni la sua quarta parte del Castello di Papigno per il prezzo di 675 libre o lire Lucchesi (Librarum Lucentiura) .
4 agosto 1387: Splendido esempio di sensata e ben calcolata moderazione ci porge la saggia risoluzione presa dal generai Comizio in questo giorno. Quasi sempre è avvenuto che dopo i politici sconvolgimenti per lunga pez-za gli animi rimangono inquieti, esacerbati, od esaltati da odi personali, a basse vendette; gli occulti e vili delatori trovano terreno opportuno per innalzare sulle rovine altrui,ed il più delle volte dell’innocente istesso, il mal fondato edificio delle loro brevi fortune; edificio però che col corto volgere de’ giorni di sovente precipita! La cacciata de’ Guelfi da questa Città fu un serio avvenimento, come rammentammo; gli odj duravano ancora, e la vendetta non mai satolla dell’altrui danno. In questo era per giungere in Città il nuovo Podestà: era quindi facile alla malignità di qualcuno sorprenderlo, preoccuparne l’animo con inqui suggerimenti, e farlo addivenire incauto stromento della privata vendetta. Che però saggiamente si volle proposto in questa seduta consiliare: Item quid videtur et placet providere et reformare de modo et ordine retinendis super maleficiis commiss in dicta civitate et eius territorio per homines et personas diete civitatis et eius comitatus a tempore expulsionis tirapni(ossia de’ Guelfi)dicte civitatis usque nuc adeventus novi potestatis civitatis de proximo appropinquetur. Su di che –prosegue Lodovico Silvestri– con molto senno e prudenza fu risoluto: Che su i delitti riferibili strettamente a quell’epoca, non si fosse potuto in verun modo inquirere, neppur anco d’officio, dal nuovo Podestà; si obliasse l’idea e la reminescenza del triste passato; per nuovi reati si compilassero nuovi processi,o si compisser quelli già iniziati, ed avessero piena esecuzione con le norme di giustizia le sentenze rese in proposito, sia dal bargello in assenza del Podestà,sia da quest’istesso,con regolar procedura a forma di Or come simili calamità abbiadi vedute rinnuovarsi frequentemente anco a dì nostri, potrem dire in buona coscienza che siensi adottate fra noi eguali sagge misure per ovviarne i tristi effetti? Io son d’avviso -conclude il ricercatore papignese- che i nostri padri sieno stati in ciò assai migliori di noi tardi nepoti!
9 maggio 1388: Cessati, come vedemmo, i passati sconvolgimenti nell’interno della Città e raffreddati in gran parte gli odi delle fazioni, molti de’ Gulefi, che si ereno allontanati, venivan rimpatriando e per lo più clandestinamente, né tutti si comportavano con tranquilla prudenza; il perché si venivan ridestando alla volta i rancori di parte. Fu sollecito il patrio Senato a sancire, che veruno di coloro potesse ri¬entrare in Città, se non fatta preventivamente formale istanza la Magistrato ed al Consiglio (comunale,ndr) pel bramato rimpatrio, e ne fosse decretato il permesso. Questo ottenuto,i reduci prestassero solenne giuramento in atti del Cancelliere di vivere e di condursi da onesti perfetti ed apostolici Ghibellini (Apostolici perché specialmente Innocenze VIII a quei dì regnante non che altri Papi di poi, e la Corte Romana eran del partito Ghibellino); se i rimpatriati non avessero adempiuto a questa interessante formalità, fosser di nuovo pubblicamente banditi. Così saggia quanto necessaria misura operò, che tanto in questo, che ne’ successivi Comizi fosser ed ammesse moltissime petizioni de’ Guelfi esulanti dalla Patria, e che bramavano farvi ritorno; ed il prestato giuramento contribuì alla conservazione della pubblica quiete non ostante il loro ritorno. 30 giugno,ancora del 1388: Vennero sancite varie Leggi statutarie intorno ai malefici: l’omicidio fosse punito inesorabilmente con la pena di morte e la confisca de’ beni; chi uccida de mandato per ricevuta o promessa mercede, fosse trascinato a coda d’asino al luogo del patibolo. Vietato a chicchessia il portare armi per la città concesso soltanto ai Banderari di distinzione il portarle, dando però cauzione idonea di non abusarne; ed un tal permesso risultasse da patente da rilasciarsi dal Cancelliere Municipale,cui il portatore abilitato dovea recar sempre seco per sua giustificazione: gravissima era la pena inflitta ai contravventori. 30 settembre 1406: Trovò necessario il nostro Senato municipale nell’odier¬na seduta di rinnovare il bando altre fiate pubblicato; che tutti di parte Guelfa, che avesser volontariamente emigrato dalla Città, dovessero fra giorni otto ricondursi in patria con le loro famiglie, prestando però solenne giuramento sui santi Evangeli, di vivere, e mantenersi buoni e fedeli cittadini, osservatori del buon ordine, e del tranquillo reggimento municipale: ulterior disobbedienza al generoso invito della madre patria sarebbe stata punita con la formale espulsione dei renuenti dalla Città, e con la confisca del loro beni. 14 ottobre : Molti obbedirono di fatti; ma non pochi corrisposero col disprezzo. Tanta era l’ostinazione di quegl’irriconciliabili partiti! Di venti di costoro si vollero registrati i nomi in perenne ignominia in queste pubbliche pagine,i quali a loro volta disturbavano la tranquillità Cittadina ed inquietavano i pacifici fratelli. Che però furon definitivamente proclamati banditi e ribelli, vietendosi lo¬ro di approssimarsi alla Città oltre il raggio di dodici miglia di distanza: sorpresi entro questo, fosser catturati e puniti con pena capitale. Di questa severa quanto necessaria legge si affidò l’esecuzione e l’osservanza a scelta Commissione di sei probi Cittadini ed altri e tanti banderari.