DAL TERZO LIBRO DELLA STORIA DI TERNI DI ELIA ROSSI PASSAVANTI
Siamo nel tempo in cui –scrive la nostra fonte– le città ghibelline, fra cui Terni prendono animo a nuove conquiste. Le città guelfe erano sottosopra per la presenza degli stranieri,le ghibelline che seguivano i Colonna non avevano da essi nulla da temere. Terni poi ebbe il suo Vescovo,lo spagnolo Giovanni de Fonsalida, che aveva finito col prendere dimora nel castello di Braceiano. L’amicizia dei Colonna e del Vescovo ternano, disposero favorevolmente verso Terni il luogotenente del Re, Giovanni di Rieux, che, passandovi, poneva la città e gli abitanti sotto la sua protezione,mediante privilegio. I Ternani colsero l’occasione per risolvere,appoggiati dai francesi, dai Colonna e dai savelli, l’antichissima questione delle Terre Arnolfe, su cui Spoleto vantava diritti, ma non poteva in quel momento, occupato nella propria difesa proteggerle. Le Terre Arnofle. fra Spoleto e Terni, erano tornate, verso la fine del sec. XII, sotto la giurisdizione papale. Poi Spoleto –prosegue il Passavanti– le aveva occupate, adducendo concessioni fatte dal rettore del Ducato. Erano seguite lunghe lotte per questo fra il Papa e Spoleto e alla fine questa fu condannata a restituire le Terre Arnolfe alla Chiesa e a non molestare i Ternani, che avevano prese le armi pel Papa. In seguito gli Spoletini tentarono di riprendersele,ma nel 1548 Pio II le sottoponeva di nuovo alla Chiesa. Nel 1490 sorse per una questione di confini e di pedaggio una lite fra Terni e Cesi; fu nominato un arbitrato, ma il lodo non soddisfece Terni. I Ternani, quando nel 1494 ebbero l’aiuto francese, assalirono Cesi, la saccheggiarono e s’impadronirono della rocca. Alcuni cittadini di Cesi, radunati nella villa di S.Apollinnare nelle Terre Arnolfe sui primi del 1495, chiesero l’aiuto e la protezione di Spoleto che fu loro concessa a condizione che comunità e uomini di Cesi divenissero sudditi spoletini. Altri Cesani fuggiti a Roma, dal Palazzo Apostolico confermavano il patto di sottomissione. Così l’anno successivo, 1496, i Cesani poterono tornare a Cesi; ma con questo non cessarono le scorrerie ternane che anzi continuarono fino a che il cardinale Giovanni Borgia, Legato dell’Umbria, potè far concludere una pace temporanea fra le due contendenti. Pace –sottolinea lo storico ternano-; che già nel 1497 avvenivano piccoli combattimenti fra ternani e spoletini presso Montefranco e Strettura; e negli anni successivi non solo si apprestavano opere di difesa, ma Terni e Rieti stipulavano addirittura un trattato di alleanza offensiva e difensiva contro Spoleto. Pervenuta notizia di tutto ciò al Pontefice, egli , con un breve, ordinava al Vice Legato del ducato, Giovanni Olivieri, di far concludere un’immediata pace fa le due contendenti. A tale scopo il vice legato si recava a Terni e manifestava al Consiglio Generale il volere del Papa. Il Consiglio votò,unanime, la pace. Ma la concordia non potè durare,date le correnti opposte serpeggianti nei due popoli. Questi odii e guerre –evidenzia Elia Rossi Passavanti– pure non impedivano le manifestazioni artistiche. L’agitato anno 1497 ci fa vedere in Terni il pittore fulginàte Niccolò di Liberatore detto l’Alunno che dipingeva in S. Valentino uno stendardo raffigurante Cristo in Croce con ai piedi S.Francesco e S.Bernardino ora alla Pinacoteca Comunale di Terni. In quello stesso anno Terni aveva spedita una carovana di armi vestiario, denaro e altro ai soldati che servivano il Papa nell’accampamento di Bracciano; tale carovana fu sorpresa e derubata da una squadra delle milizie Orsini e dei Savelli guidata dai fratelli Manassei avversari dei Borgia. Altri incidenti del genere si verificarono finché, avendo assunto il governo del ducato Ludovico Borgia, Arcivescovo di Valenza, succeduto a un breve governatorato di Lucrezia, figlia del Pontefice, nel 15OO ripresero le lotte. Una compagnia di ventura, guidata da Troilio Savelli e da Giacomo di Rocca Sinibalda, d’accordo con armati del comune di Terni, nel settembre di detto anno assaliva Cesi e la saccheggiava. Gli invasori vennero in seguito scacciati perché in aiuto di Cesi accorsero gli armati del comune di Spoleto. Iniziate le ostilità, dopo vari combattimenti gli spoletini guidati da Bar tolomeo da Alviano, demolita la rocca di Colleluna, assediarono Terni. L’assedio per ordine del Papa fu tolto; ma poi, non cessando le incursioni, il Consiglio di Spoleto deliberò la distruzione di Terni; questa città, a quella minaccia,venne a patti. Promise che non avrebbe più molestato i cittadi¬ni di Cesi e ripose l’arme di Spoleto sulla porta del Castello. La pace completa però non venne se non quando Alessandro VI, per evitare ogni causa di discordia, sottopose Cesi e le Terre Arnolfe alla giurisdizione dei chierici della Camera Apostolica, ordinando che i 24 castelli che ne facevano parte, non fossero più soggetti ne a Terni ne a Spoleto, ma soltanto alla Camera Apostolica (1502). Mentre avvenivano questi suoi contrasti con le città vicine, Terni non viveva tranquilla la sua vita interire. Le riformanze dell’agosto 1501 lo manifestavano chiaro:”E’ ormai tempo di mutare vita e costumi di uomini improbi, affinchè la nostra città, dopo tante disgrazie, guerre e avversità sofferte per tanti anni, possa avere un po’ di pace”. A tale scopo si espulsero dalla città tutti i forestieri e vennero multati coloro che davano ricetto ad estranei. I colpiti erano avversari del Pontefice, seguaci del partito dei Colonna e dei Savell, nemici dei Borgia. Nello stesso partito militavano molti terna¬ni, tanto che il Papa aveva dichiarata la città ribelle,l’aveva multata e minacciata finanche di sterminio! Ad evitare guai peggiori, il Consiglio inviava ambasciatori plenipotenziari a Roma; e questi poterono ottenere da Alessandro VI uno scritto di perdono,il 24 agosto 1501. Due degli ambasciatori furono pochi giorni dopo incaricati dal Consiglio di trattare con Cesare Borgia per la protezione della città; Terni, all’uopo, rinunciava a quella di qualsiasi altro signore, e specialmente dei Colonna e dei Savalli. L’adozione di Cesare Borgia a protettore, però, non fu accolta bene da tutti i cittadini ternani; la città restò scissa in due correnti contrarie e non tardarono le dolorose conseguenze. Infatti nell’aprile 1503 vi scoppiarono tumulti tali che dovettero sospendersi la predicazione quaresimale e altre manifestazioni sacre, allora importantissime e di vita pubblica; il Consiglio Generale doveva anzi nominare una commissione col preciso scopo di calmare gli animi e distruggere ogni seme di discordia, ricorrendo, all’occorrenza a punizioni severe. Per il luglio di quell’anno,poi, giunta notizia che il Duca Valentino sarebbe passato per Terni con la sua corte, furono eletti deputati fra i cittadini e banderari perché lo accogliessero nel modo migliore ; e, qualora avesse mutato itinerario, fossero andati a rendergli omaggio nella città più vicina. Fu l’ultima volta che Terni ebbe a che fare col Valentino, perché la sua la sua stella -morto improvvisamente il 23 agosto Alessandro VI- tramontava poco dopo per sempre. Comunque –conclude Elia Rossi Passavanti– anche negli anni in cui l’Italia centrale era prostrata dinanzi all’inesorabile imperio del figlio di Alessandro VI, Terni rivendicava in una parte e non la peggiore dei suoi cittadini la fierezza delle libertà comunali secondo quello spirito,quasi promanante dal suo luogo e dalle sue mura, che l’aveva condotta che doveva condurla ancora verso la mèta di una più alta dignità civile ed italica.