Alviano, 1455 – Bergamo, 1515
Proprio nel momento della massima decadenza del suo casato, imparentato con le massime stirpi nobiliari dell’epoca, nel 1455 nacque nel castello della famiglia Liviani, ad Alviano. La madre, Isabella degli Atti, morì nel darlo alla luce ed il piccolo venne affidato alle cure della zia, Milia Monaldeschi. Destinato alla carriera ecclesiastica, seguì invece l’indirizzo scolastico umanistico a Todi sotto la guida di Antonio Pacini, successivamente preferì la scuola delle armi con Napoleone Orsini. A 14 anni era già al fianco del suo maestro, quando Federico da Montefeltro venne sconfitto a Rimini. Nel 1473, appena diciottenne, si batté nei pressi di Orvieto, contro lo zio Raniero da Baschi, costringendolo alla resa. Cinque anni dopo passò al servizio dell’esercito pontificio di Sisto IV contro Lorenzo il Magnifico e gli Orsini e, successivamente, contro i veneziani che sconfisse a Stellata. Tornò quindi in Umbria per sposare Bartolomea Orsini, sorella di Clarice, moglie di Lorenzo il Magnifico. Intanto, conquista la stima di vari signori e capitani, passò a battersi, ora come nemico, ora come alleato, al soldo degli Orsini, dei Medici, dello Stato Pontificio, dei Veneziani, dei Baglioni e dei Vitelleschi.La sua fama arrivò persino in Puglia dove fu chiamato contro i Fiorentini, accusati di aver favorito la conquista di alcune città costiere da parte dell’Impero Ottomano. Bartolomeo li batté insieme ai Turchi e riconsegnò il castello ed il porto di Otranto ad Alfonso d’Aragona. Dopo aver partecipato a tante imprese di grande valore, fu la battaglia del Garigliano a renderlo definitivamente famoso: grazie infatti alla sua grande abilità strategica gli Aragonesi costrinsero i Francesi alla resa. Per questa memorabile impresa fu gratificato con ulteriori titoli nobiliari, la concessione di nuovi feudi e la considerazione generale che lo definì uno dei maggiori Capitani del Rinascimento. Abile soldato, ma non altrettanto sagace uomo politico, non riuscì a ricalcare le orme dei Colleoni, suo grande predecessore, che fu invece anche protagonista in decisive situazioni politico militari. Nel 1508 ebbe ancora momenti di grande fortuna quando riuscì, al servizio della Repubblica di Venezia, nel momento in cui la propria potenza toccava il massimo vertice, a penetrare in pieno inverno tra le balze del Cadore, a sconfiggere i tedeschi dell’imperatore Massimiliano ed a conquistare numerose città fino ai confini dell’Istria. L’anno successivo subì però una clamorosa disfatta ad Agnadello, dove venne ferito e fatto prigioniero dai Francesi. Rinchiuso nel castello di Loches, tornò in libertà nel 1513 dopo che Luigi XII ebbe stipulato un’alleanza con Venezia. Al suo ritorno dalla prigionia venne nominato Comandante Generale dell’esercito veneziano. Nel 1515 combatté a Marignano un’epica battaglia al fianco di Francesco I contro gli Svizzeri. Sarà questa ultima vittoria della sua vita di grande condottiero, perché, neanche un mese dopo lo sorprende la morte, per una occlusione intestinale, alle porte di Bergamo impegnato in un ennesimo combattimento. Certamente una fine poco gloriosa per un uomo che aveva sfidato la morte in cento e cento battaglie. Le sue spoglie mortali trasferite a Venezia, dopo solenni esequie tributategli nella Basilica di San Marco, furono tumulate per volontà popolare in un sarcofago marmoreo e poste sopra il portale della chiesa di Santo Stefano.