UNA METEORA NELLA PADOVA DEL CINQECENTO
Bartolomeo d’Alviano, condottiero colto e valoroso di origine umbra – ma che a Padova scelse di appellarsi “Liviano” in onore dello storico patavino di età augustea – è uno di quei personaggi storici, cui sembra aperto un credito speciale di memoria, se non di celebrazione. Nel primo Cinquecento infatti, quando mezza Europa si schierava nella lega di Cambrai per annientare la Repubblica di Venezia, fu lui a guidare le armi della Serenissima e a salvarla in più occasioni. Audace fino alla temerità come stratega e come ingegnere militare, fu detto lo “sbarajoso Livian, ma per la sua fedeltà a tutta prova è tra i pochissimi foresti cui Venezia abbia elevato un monumento a proprie spese. Neppure qualche amara sconfitta rimosse mai la piena fiducia della Serenissima nel valore e nella lealtà del suo capitanio generai; anzi, al “Sior Sortolo volle conferire il patriziato Veneto e il feudo di Pordenone da lui strappato agli Asburgo, costituendo così l’unica signoria nel territorio e nella storia del Friuli. Un uomo sempre in armi e contro chiunque, imperatore papa o sultano. Dovunque, dalle nevi del Cadore ai pascoli d’Abruzzo, dalla Toscana all’lstria, sul Tevere, sul Garigliano, nel mare del Salente, seppe cogliere splendide vittorie sui più famosi condottieri dell’epoca, fino a quella misconosciuta – e purtroppo fatale per lui – nella “battaglia dei giganti a Marignano nel 1515. Non poche città serbano tuttora gli efficaci apparati difensivi concepiti dal suo talento. Padova ne può vantare l’eredità più rappresentativa, che consente ancor oggi di apprezzare il suo talento. Più ancora che quelle di Treviso e Vicenza, l’intera cinta delle “nuove mura” patavine è intuizione sua, oltre che la più titanica impresa da lui fortemente voluta e avviata, anche se poi compiuta da altri e talora modificata. Il suo nome è scolpito sulle porte civiche di entrambe le città, a perpetuare l’eccezionale stima della Repubblica per le sue grandi opere. Oltre che alla difesa militare, a Padova si prodigò anche in favore della cultura, dell’università e della basilica di Santa Giustina, così come a Venezia era intervenuto per la costituzione della Biblioteca Marciana. Aveva dimora in Pra’ della Valle, dove nelle brevi pause del conflitto amava assistere a giostre e tornei, circondato da artisti e scrittori. In onore di Tito Livio, suo autore prediletto, ne assunse il nome per sé e per il suo secondogenito, che volle battezzare nell’acqua del Bacchiglione. La Porta “Liviana”, eretta nel borgo di Pontecorvo, è il luogo più opportuno per il doveroso omaggio che la nostra città vuole dedicargli con questa mostra, che documenta e divulga al più vasto pubblico le vicende di un personaggio straordinario. La “meteora Liviana” passa così di nuovo nella nostra città, rinnovando il ricordo forte e incancellabile di un uomo abituato a “estendere la vittoria all’estremo e serbare l’animo invitto, anzi crescerlo nella sventura, anzi moltipllcarlo”.